Genova e Renzo Piano

GENOVA DALLE ORIGINI AL '700

Realizzato da Alessandra Palamara

Certamente c’è stato un insediamento preromano di cui ci sono evidenti prove . E’ più difficile trovare le testimonianze di un insediamento romano; le prove di quest’ultimo possono essere rintracciate in un documento ritrovato nel 1506 da un contadino a Pedemonte in Val Polcevera, che prende il nome di Tavola di Polcevera. Ulteriore testimonianza dell’insediamento romano si ha dalla Tavola Peutingeriana (II sec. D.C. ? ) che raffigura Genova con lo stenogramma di due edifici affiancati .
La civitas della prima età medievale è subito riconoscibile alla lettura di una attuale planimetria.  Fra l’864 e il 1155 si innalza la prima cinta urbana accertata. I termini conicidono a levante con il torrente Bisagno e a ponente con il rivo della Chiesa di San Michele. La prima cinta urbana medievale databile al IX sec. Lungo il perimetro murato si aprono tre porte; la Porta Superana che collega il centro cittadino con l’esterno attraverso la strata romana della costa orientale. Le altre due aperture , dette poi Porta di Serravalle e Porta di Sarzano, rispondono invece al nuovo orientamento assunto dall’impianto urbano. Grazie al vescovo Arialdo Guarachi la società genovese, a partire dal 1099,  si organizza secondo la Compagna Communis, una forma di governo che consente un controllo efficiente dell’azione esterna della collettività, senza per questo ignorare la policentricità delle associazioni interne. Attorno al 1130 la popolazione è suddivisa in ben 8 compagne che subentrano alle vecchio ripartizioni di castrum, civitas e burgus, e sono: Borgo, Portanuova, Soziglia, Porta, San Lorenzo, Maccagnana, Piazzalunga e Castello.
La prima urbanizzazione “extra moenia” si svolge tra il X e il XII secolo ad opera della Chiesa. La vecchia chiesa episcopale di San Siro e il nuovo monastero orientale di Santo Stefano costituirono i nodi più importanti della prima colonizzazione suburbana diretta dai vescovi Teodolfo e Giovanni II dopo il trasferimento della cattedrale dentro le mura. A queste si aggiunge la Chiesa del Santo Sepolcro su cui sorgerà nel 1180 la grande casa ospedaliera di San Giovanni dei Cavalieri Gerosolimitani.
Sempre tra il X e XII secolo si assiste a un fenomeno parallelo di urbanizzazione ma da parte dei nobili che si insediano vicino alle mura riuscendo talvolta a penetrare all’interno dei punti più strategici dell’antico assetto urbano: burgus, cinta ovest, Castello, mercato di San Giorgio e cattedrale. L’inurbamento nobiliare si allarga a macchia d’olio sui terreni a nord delle mura provocando un vero e proprio sfaldamento del manufatto urbano.
Tra il 1133 e il 1180 vengono fatti due interventi volti a rispondere a queste esigenze: la costruzione della Ripa maris e l’erezione delle nuove mura.
Ripa marisi consoli stabiliscono nel 1133-1134 che, dinanzi alle case esistenti, si eriga un porticato regolato nelle misure delle fornici.
II Cinta muraria  - la seconda cinta muraria genovese viene eretta nel 1155 e i lavori si concludono nel 1161. Per le porte urbiche di maggiore importanza si adotta un’architettura monumentale, con due torri semicircolari affiancate.
Oltre alla cinta muraria e alla Ripa poche opere sono ancora in pietra: il Molo, il primo faro e sul capo opposto di ponente la Lanterna.
Dobbiamo solo a un dittatore come Guglielmo Boccanegra il tentativo di imporre fisicamente il potere politico sull’assetto urbanistico di Genova facendo costruire nel 1246 il Palazzo ufficiale del Capitano del Popolo – anche detto Palazzo del mare -  esattamente al centro dell’arco portuale di fronte alla Ripa maris.  Nel 1405 vi prenderà posto la Casa di San Giorgio.
All’interno di questo quadro politico fortemente travagliato la società genovese, sulla scia delle 30 o 40 famiglie di maggior potere,  si organizza in consorterie , vere e proprie  organizzazioni  sociali  e  urbanistiche,   concepite     come  piazzeforti autonome.
La Chiesa di San Matteo posta al centro della piazza omonima, è stata una cappella gentilizia della famiglia Doria. Una prima chiesa di San Matteo viene eretta attorno al 1125, dal benedettino Martino Doria, appartenente all'aristocratica famiglia. Si ricostruisce completamente la chiesa, nel 1278, arretrandone la facciata rispetto alla precedente chiesa romanica del 1125, la quale viene completamente demolita. La nuova chiesa, più grande della precedente, si realizza nello stesso stile dei recenti palazzi, coi quali è direttamente collegata. Di questa seconda costruzione oggi rimane quasi intatta la facciata e la cappella del coro; infatti trasformazioni cinquecentesche operate da Giovanni Angelo Montorsoli (1543 - 1547) e da Giovan Battista Castello, il Bergamasco (1557 - 1561) per volere di Andrea Doria, ne cancellarono quasi interamente l'aspetto gotico.
Sulla piazza si affacciano il palazzo di Lamba Doria, vincitore di Curzola, il palazzo di Branca Doria, padrone del Giudicato di Torres, e il palazzo di Domenico Doria.
In questo travagliato quadro politico un ruolo di rottura e di svolta decisiva si riconosce all’ammiraglio Andrea Doria, vissuto tra il 1466 e il 1560. Il suo magistero compie delle azioni politiche significative che rilanciano, sul pino politico ed economico, una Genova ormai vinta dalla pestilenza e dalla totale assenza di una amministrazione politica. Andrea Doria pone fine all’alleanza con la Francia e favorisce una più vantaggiosa alleanza con la Spagna .
III cinta muraria
Nei secoli XIV e XV la quasi totale edificazione dall’area cintata del XII secolo e l’esigenza di rinforzare la difesa cittadina , richiede un nuovo ampliamento del perimetro murario che prevede l’annessione di due grandi sobborghi, quello orientale di Santo Stefano e quello occidentale di San Tommaso, con una raggiungimento della superficie complessiva di 155 ettari.
Palazzo Principe
La fabbrica cresce sotto la sovraintendenza di autori vari tra cui G.A.Montorsoli nel periodo tra il 1543 e il 1547. Palazzo Principe fu  realizzato come corte principesca, con un complesso di servizi che garantivano la completa autonomia, una collocazione urbanistica condizionata alla strategia militare (esterna alla porta occidentale di San Tommaso e collegato a un imbarcadero privato) e due monumentali giardini, che fra terrazze, logge, fontane, casini e un bosco di alberi ad alto fusto organizzavano tutto il territorio del mare sino alla sommità della collina di Granarolo.
La scelta della progettazione di Strada Nuova risulta un’esigenza pulsante per Genova, desiderosa di crescere senza subire le limitazioni del vecchio tracciato murario e di acquisire maggiore “decoro” attraverso gli edifici privati e pubblici.
I PALAZZI DEI ROLLI
La Strada Nuova e il sistema dei palazzi iscritti nei Rolli sono il primo esempio in Europa di un progetto urbano di sviluppo con una struttura unitaria, in cui i progetti sono stati realizzati al di fuori di un servizio pubblico. I palazzi dei Rolli offrono un esempio originale di una rete di dimore atte a ospitare grandi personalità e grandi eventi. I quarantadue palazzi iscritti ai Rolli sono:
·         1. Doria, Antonio largo Lanfranco, 1
·         2. Della Rovere, Clemente piazza Rovere, 1
·         3. Spinola, Giorgio salita S. Caterina, 4
·         4. Spinola, Tomaso salita S. Caterina, 3
·         5. Spinola, Giacomo piazza Fontane Marose, 6
·         6. Ayrolo, Agostino piazza Fontane Marose, 3-4
·         7. Interiano, Paolo e Nicolò piazza Fontane Marose, 2
·         8. Pallavicini, Agostino via Garibaldi, 1
·         9. Spinola, Pantaleo via Garibaldi, 2
·         10. Lercari, Franco via Garibaldi, 3
·         11. Pallavicini, Tobia via Garibaldi, 4
·         12. Spinola, Angelo Giovanni via Garibaldi 5
·         13. Spinola, Gio Battista via Garibaldi, 6
·         14. Lomellini, Nicolosio via Garibaldi, 7
·         15. Spinola, Lazzaro e Giacomo via Garibaldi, 8-10
·         16. Grimaldi, Nicolò via Garibaldi, 9
·         17. Lomellini, Baldassarre via Garibaldi 12
·         18. Grimaldi, Luca via Garibaldi, 11
·         19. Brignole Sale, Rodolfo e Francesco via Garibaldi 18
·         20. Grimaldi, Gerolamo salita S. Francesco, 4
·         21. Brignole, Gio Carlo piazza Meridiana, 2
·         22. Lomellino, Bartolomeo largo Zecca, 4
·         23. Lomellini, Stefano via Cairoli, 18
·         24. Lomellini, Giacomo largo Zecca, 2
·         25. Cattaneo, Antoniotto piazza della Nunziata, 2
·         26. Balbi, G. Agostino via Balbi,1
·         27. Balbi, Gio Francesco via Balbi, 2
·         28. Balbi, Giacomo e Pantaleo via Balbi, 4
·         29. Balbi Piovera, Francesco via Balbi, 6
·         30. B Balbi, Stefano via Balbi, 10
·         31. Centurione, Cosma via Lomellini, 5
·         32. Centurione, Giorgio via Lomellini, 8
·         33. Centurione, Gio Battista via del Campo, 1
·         34. Pallavicini, Cipriano piazza Fossatello, 2
·         35. Spinola, Nicolò via S. Luca, 14
·         36. Grimaldi, Francesco piazza Pellicceria, 1
·         37. Grimaldi, Gio battista vico S. Luca, 4
·         38. Grimaldi, Gio Battista piazza S. Luca, 2
·         39. De Mari, Stefano via S. Luca, 5
·         40. De Nigro, Ambrogio via S. Luca, 2
·         41. Di Negro, Emanuele Filiberto via al Ponte Reale, 2
·         42. De Marini - Croce piazza De Marini , 1
Loggia di Banchi
La Loggia dei Mercanti o Loggia di San Pietro in Banchi o Loggia della Mercanzia è un edificio tra i più rappresentativi del centro storico di Genova È situata nell'antico sestiere del Molo poco lontano dalla chiesa di San Pietro in Banchi in piazza Banchi. La loggia fu costruita, tra il 1589 e il 1595, da Andrea Ceresola, detto il Vannone, e Giovanni Donzello, nel cuore commerciale della città antica.
Palazzo Ducale
I Capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria fanno edificare il Palazzo degli Abati sull’area urbana preesistente fra le chiese di S. Lorenzo e S. Matteo (1291).Nella nuova costruzione viene inglobato anche l’attiguo Palazzo con torre di Alberto Fieschi, acquistato dalla Repubblica nel 1294. Da questo nucleo si sviluppa il Palazzo. Nel corso del XIV - XV secolo il Palazzo viene progressivamente ampliato con l’aggiunta di nuove costruzioni.
Nei primi quarant’ anni del secolo XVII assistiamo a episodi urbanistici molto significativi. Primo fra tutti il tracciamento di Strada Balbi ( 1602-1613 )  seguito dalla costruzione delle nuove Mura tra il 1626 e il 1632 e del nuovo Molo coi magazzini di Portofranco tra il 1636 e il 1640 .
Strada Balbi
Il caso di Strada Balbi prende il via nel 1602 . L’impresa si conclude  fra il 1605 e il 1613 e si lascia ai Balbi il completamento del tronco iniziale. Si deve infatti a questa grande parentela l’edificazione della parte monumentale della Strada con il Palazzo Reale tra il 1616 e il 1620, il Collegio dei Gesuiti nel 1636 e l’attigua Chiesa dei Santi Gerolamo e Francesco Saverio nel 1654
Palazzo Reale
La costruzione del palazzo cominciò fra il 1618 e il 1620 ad opera di Stefano Balbi e Gio Francesco Balbi II, la cui potente famiglia - quella dei Balbi - era già coinvolta nel processo di pianificazione e costruzione di altri edifici della via che avrebbe portato lo loro nome. Tra il 1643 e il 1655 incominciò la seconda fase della costruzione ad opera degli architetti Pier Francesco Cantone e Michele Moncino, con un corpo centrale quadrato e due ali laterali che si prolungavano verso il mare. Nel 1645 Francesco Maria Balbi assunse l'incarico del progetto, fece costruire il giardino, rinnovò il piano inferiore e commissionò gli affreschi per decorare le stanze e con il cugino Giovan Battista Balbi ne finirono la costruzione.
IV cinta muraria (1535-1549 , 1551-1638 )
Le Mura nuove furono decretate nel 1626 sotto l’incalzare dei Savoia ma riprese in grande tre anni dopo e giunte ad un buon avanzamento nel 1632 . Dietro la monumentalità delle mura nuove sembra proiettarsi finalmente l’unione di una collettività pronta a difendere a tutti i costi la propria autonomia
Ulteriori progetti urbanistici vengono condotti per ottenere una più facile e rapida viabilità. Da qui nascono le prime proposte per unire Strada Nuova e Strada Balbi che rimase per molto tempo solo una proposta progettuale e che venne invece realizzata nel 1778 da Gregorio Petondi e prese il nome di Strada Nuovissima (oggi Via Cairoli ) , ponendosi l’obiettivo di risolvere le comunicazioni tra Ponente e Levante in un sistema viario che, dal XII secolo, era ancora quello proiettato verso la Ripa. 
 Alessandra Palamara

GENOVA DAL '700 AI GIORNI NOSTRI


Realizzato da Annapaola Caruso
L’ottocento: i rettilinei fuori mura e i piani di ampliamento
Il 1797 segna la fine della storica Repubblica oligarchica e nell’anno successivo s’insedia il nuovo governo voluto da Napoleone con il quale inizia l’epoca della Repubblica Democratica Ligure.  La nuova Repubblica darà vita ad una serie di provvedimenti che avranno effetti positivi e duraturi sul piano dell’organizzazione del territorio con l’ausilio di istanze illuministiche di analisi e di conoscenza scientifica del territorio;come ad esempio il primo sistema di ripartizione del territorio il cosiddetto Quadro di divisione del territorio Ligure stabilito dal corpo legislativo con legge 26 aprile 1798 che prevede la divisione del territorio in venti giurisdizioni. Lo spirito di riforma si manifesta anche attraverso l’attività di un organismo come l’Istituto Nazionale che svolgeva inchieste che andavano a stabilire un quadro complessivo di dati e riferimenti che potesse orientare una corretta amministrazione. Col Piano d’ingrandimento della Città presentato nel 1825 dall’architetto civico Carlo Barabino si colgono i primi sintomi di un riattivarsi del sistema edilizio e fondiario. Maturano al contempo altri problemi come quello dell’attraversamento carrabile e della viabilità in generale poiché anche con l’apertura di una strada di accesso da ponente non si risolveva l’isolamento carrabile della città. Paradossale era la situazione del porto dove la movimentazione delle merci era demandata solo al trasporto via mare da parte della corporazione dei facchini. Quantomeno la nuova strada da San Teodoro a Fassolo consentiva di raggiungere la città attraverso l’antica porta di San Tommaso dal momento che prima i passeggeri erano trasbordati in battelli fino al ponte Reale e da qui sbarcavano direttamente in città. Il percorso di attraversamento urbano alternativo poteva avvalersi dell’apertura di strada Carlo Felice, che congiungeva gli antichi assi residenziali come Strada Nuova e Strada Giulia e l’apertura,successiva,della Strada Nuovissima. Anche diverse opere pubbliche accompagnano questa idea di città come ad esempio il teatro Carlo Felice, l’Accademia e la sistemazione dei giardini dell’Acquasola. Col Piano di Ampliamento delle Abitazioni si individuava una terza zona d’espansione residenziale nella collina del Carignano e,con il quale, si da al disegno della città una matrice neoclassica che fa apparire un intelligente vocazione del suolo sia rispetto alle pendenze e all’orografia che alle caratteristiche di esposizione orientamento e accessibilità.
Intorno alla metà dell’800 la stagnazione che aveva caratterizzato l’economia della città dal momento in cui era stata annessa al Piemonte si andava risolvendo per merito della politica avviata da Cavour negli anni ’50. Già precedentemente Carlo Alberto aveva varato provvedimenti a favore di Genova e dei suoi traffici,abbattendo alcune tariffe e stabilendo rapporti coi paesi esteri ma la svolta decisiva si ha con la politica d’integrazione nel sistema economico e produttivo europeo nell’ottica del libero scambio e dell’apertura dei mercati. Ministro nel 1850 e primo ministro nel 1852 Cavour stimola la formazione di una moderna classe imprenditoriale;giungono a Genova importanti industriali tra i quali gli Orlando che,favoriti dalle commesse dello stato e partecipi dell’impresa dei Mille formano la più importante fabbrica italiana di armi e locomotive. E’ a partire da questi anni che a Genova si avvertono i sintomi della forte ripresa economica che farà salire le merci movimentate nel porto a dismisura. La liberalizzazione del mercato attuata nel 1851 con l’adozione da parte del governo piemontese delle nuove tariffe doganali sarde recava da subito immediati e innegabili vantaggi a molte attività economiche soprattutto quelle del porto.
I profitti dati dall’armi vendute per la guerra di Crimea sono le premesse per l’espansione collinare che è il primo passo verso la costruzione della Genova ottocentesca con l’originale formazione di Società Cooperative di Costruzione.
Episodio importante è quello delle vie Assarotti e Caffaro con la previsione globale di 58 lotti..
Mentre si procede con l’espansione non mancano gli interventi sulla città esistente tutti con basi puramente speculative. Tra le più importanti si ricorda l’apertura della Strada Nuovissima redatto da una società per la vendita e l’affitto di nuove case. Tutti i progetti per l’espansione saranno raccolte nel Piano d’ingrandimento e di ampliamento della città del 1856 redatto dal Restarco.
La ferrovia giungeva a Genova nel 1853 facendo capo alla stazione di Piazza del Principe per terminare lungo il tracciato della strada Carlo Alberto,allo scalo merci di caricamento del cuore della città antica. Il tracciato passava ovviamente per Sanpierdarena le cui sorti del rapporto industriale erano in stretto rapporto con quelle della ferrovia. Non altrettanto si può dire del porto che se ebbe benefici con l’arrivo della ferrovia questi non furono ne diretti ne immediati poiché le merci rimanevano movimentate quasi totalmente dalle navi. A questo si arriva con l’annessione di sei comuni della bassa Val Bisagno tramite il Piano Regolatore di Ampliamento della città di Genova dal lato orientale nella parte piana delle frazioni suburbane. Importante è la realizzazione di via XX settembre con lo sventramento di via Giulia,l’allargamento di via della Consolazione  e la costruzione del ponte Monumentale;si compie così un’operazione destinata ad innescare una profonda trasformazione della città,provocando sensibili spostamenti dei tradizionali centri d’interesse e degli equilibri consolidati. Il sistema De Ferrari-XX settembre si configura come la nuova area commerciale e terziaria capace di sottrarre a Banchi il ruolo di centro delle attività direzionali cittadine. E’ il primo segno concreto del decadimento dell’area urbana antica e al contempo si completa il sistema di collegamenti del levante cancellando definitivamente quanto ancora era rimasto dopo la distruzione operata dalla ferrovia e dalla stazione del tratto di periferia  cittadina lungo l’antico percorso della porta romana al borgo incrociati e condannando quest’ultimo alla condizione di isolamento e di abbandono in cui ci è pervenuto.
L’armatura insediativa della costa e dell’interno in età preindustriale
La prima origine della colonizzazione del territorio che circonda la città si deve  al concetto di villa che in questo territorio è insieme podere  e villeggiatura e viene usata come seconda residenza;si può considerare anche come forma di capitalizzazione più genuina che è insieme luogo di piacere e di ozio e di utilitarismo mercantile. Tutto questo porta al frazionamento del territorio che è una caratteristica di fondo della struttura della proprietà fondiaria nel suburbio genovese e il quadro che ne emerge è una vasta gamma di piante da frutta. Proprietari di queste terre sono soprattutto nobili cittadini genovesi che avviano una fase di massima espansione della città e si materializza nell’erezione di numerosi palazzi di villeggiatura che fanno da specchio alla ricchezza dei palazzi di città.



Il suburbio in età industriale
Alla fine dell’ottocento la distribuzione della popolazione favoriva decisamente il ponente,qui sono anche più importante le attività produttive e più solida ed estesa è l’armatura insediativa. Il Ponente è anche favorito dalla maggiore disponibilità di arenile,utile all’impianto di cantieri in legno. Le attività marittime legate alla pesca e ai piccoli trasporti interessano sia ponente che levante innestandosi come una cultura comune. Sono però le circostanze legate al territorio e alle sue preesistenze storiche a sua volta condizionata da fattori localizzativi e a condizioni infrastrutturali e di mercato. A venire in aiuto di tutto ciò una radicale riforma del sistema viario si ha ad inizio ottocento quando l’amministrazione napoleonica innesta un grandioso programma di costruzioni stradali come la strada del litorale di ponente. Col Piano Regolatore di Ampliamento del 1890 si avvia l’edificazione tra la zona storica e le aree extraurbane. Successivamente col Piano Regolatore del 1920 si muove verso una urbanizzazione a tappeto della zona collinare sorretta da un sistema stradale continuo costruito da radiali facenti capo ad una circonvallazione a monte.
Dalla conurbazione del 1926 al secondo dopoguerra
Si deve aspettare il Piano Regolatore del 1959 che sul piano urbanistico è la più fedele e coerente espressione del modello di espansione. Il criterio fondamentale di questo strumento di espansione e l’estensione della edificabilità sull’intero territorio comunale all’insegna della proliferazione indiscriminata della rendita. Di pochi anni successivo è il Piano per l’edilizia economica e popolare ex legge n 167 del 18 aprile 1962,nato nell’ambito politico del centro-sinistra,riserva all’edilizia pubblica aree giudicate in seguito inaccessibili,male esposte,geologicamente e orograficamente difficili.
Il rinnovo urbano delle aree centrali si hanno sotto il fascismo quando si realizza una obbiettiva convergenza tra le esigenze di rappresentanza del regime e gli interessi della grande borghesia dall’altro. Nel 1932 si avrà il Piano Regolatore di massima delle zone centrali della città che avrà effettiva validità solo col successivo Piano del 1959 col cosiddetto “piccone risanatore” demolendo parti di città con lo sventramento espressi in nome della conservazione monumentale del centro storico. Nel 1972 col Piano Particolareggiato per l’insediamento di facoltà universitarie nel centro storico,prende avvio la politica urbanistica di recupero della città antica. L’ambito coinvolto dal piano non è tuttavia sufficiente a definire e a pianificare in modo compiuto i problemi stessi che solleva.
Stazione Principe
La stazione di Genova Piazza Principe (comunemente chiamata Genova Principe o anche erroneamente Porta Principe) è la stazione centrale attualmente in ristrutturazione della città di Genova ; è situata su piazza Acquaverde, occupando l'intero lato settentrionale di via Andrea Doria, ove sono gli ingressi di servizio, in pieno centro cittadino, e a poca distanza dal Palazzo del Principe, dal quale prende il nome.


Stazione Brignole
La stazione di Genova Brignole è una stazione ferroviaria della città di Genova, la seconda nell'ordine dell'importanza. È situata in piazza Verdi, in pieno centro cittadino alle falde del colle di Montesano; lo scalo cittadino principale è la stazione di Genova Piazza Principe



Castello De Albertis
Il Castello d'Albertis - già dimora del capitano di mare Enrico Alberto d'Albertis. Dall'alto della collina di Monte Galletto (o Montegalletto), una delle alture del quartiere di Castelletto, al pari dell'omologo castello Mackenzie domina Genova affacciandosi con una vista a tutto campo sul mar Ligure. Ideato dallo stesso D'Albertis - che ne fece sua dimora - con un gusto del collage architettonico in grado di mescolare castelli valdostani e palazzi fiorentini
Castello Mackenzie
Il castello Mackenzie di Genova è un maniero situato nel quartiere residenziale di Castelletto, in prossimità di piazza Manin e della stazione del trenino di Casella.
In essa Coppedè crea una sua peculiare versione della tipologia della villa a castello di gusto eclettico componendovi una vasta molteplicità di richiami storici - il castello medioevale, il palazzo della Signoria di Firenze - e per la sua realizzazione fa frutto dell'esperienza della "Bottega dell'Arte", il laboratorio del padre in Firenze.
Piazza De Ferrari
Piazza De Ferrari è la principale piazza di Genova. Con la sua monumentale fontana è la vera e propria agorà cittadina. Opera dell'architetto Giuseppe Crosa di Vergagni, fu realizzata grazie ad un cospicuo finanziamento della facoltosa famiglia Piaggio, diventando ben presto, assieme alla Lanterna, uno dei principali simboli cittadini. La piazza è posta all'incrocio fra diverse importanti vie (fra cui via XX Settembre, già via Giulia) ed è situata in leggera altura rispetto al livello del mare e al sottostante centro storico che, si perde nella fitta rete di caruggi fino al porto antico. Verso ponente, a fianco del teatro Carlo Felice, si aprono altre due importanti arterie viarie: leggermente in salita, in direzione di piazza Corvetto, l'elegante via Roma.
I lavori di sistemazione dell'area circostante vennero affidati all'architetto genovese Carlo Barabino. Nel 1865 due progetti prevedevano il collegamento di via Assarotti a piazza Carlo Felice. Nel 1887 si decise di intitolare la piazza a Raffaele De Ferrari, Duca di Galliera, Principe di Lucedio, Cavalliere della Santissima Annunziata, munifico benefattore della città di Genova, diplomatico e banchiere.



Piazza della Vittoria
E’ una delle piazze più centrali di Genova, situata a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Genova Brignole e dal moderno centro direzionale di Corte Lambruschini. Sullo sfondo della piazza, caratterizzata da un imponente arco di trionfo - l'arco della Vittoria - monumento ai caduti della prima guerra mondiale realizzato negli anni trenta del Novecento. L'edificazione della piazza, come evidenzia l'architettura degli eleganti palazzi in marmo travertino, risale all'epoca fascista, e più precisamente a metà degli anni trenta, su progetto dell'architetto Marcello Piacentini.
Palazzo della Nuova Borsa Valori
Il Palazzo della Nuova Borsa nasce nel contesto della riprogettazione di piazza De Ferrari e della realizzazione di via XX Settembre di inizio Novecento. Il palazzo, che riveste eccezionale importanza per la grandiosità dell'insieme e per le sue armoniche proporzioni, è costituito da un monumentale portico pilastrato ad arcate, da un piano nobile di rilevante altezza e di grande impegno decorativo, scandito dal ritmo di semicolonne binate poste tra grandi aperture ad arco, ciascuna contenente una finestra-balcone sottolineata da un'importante architettura a cimasa arcuata; l'edificio è concluso in alto da un ricco cornicione che termina in un attico.



Teatro Carlo Felice
Il teatro Carlo Felice è il principale teatro genovese ed uno dei più noti in Italia. Il teatro è posto appena a lato della centrale piazza De Ferrari, in pieno centro cittadino, accanto al monumento equestre a Giuseppe Garibaldi e poco distante dalla fontana che rappresenta uno dei simboli della città. Davanti al Teatro si trova oggi anche il capolinea della linea della metropolitana di Genova. Nel 1825 venne indetto un concorso per il disegno di un nuovo teatro dell'opera. Vinse Carlo  Barabino il 21 gennaio 1826. A tale decisione i governanti dell'epoca giunsero in considerazione del fatto che i teatri allora presenti fossero decisamente insufficienti. Era stato quindi deciso, dalla municipalità, che la città dovesse rifare in toto il suo teatro, per cui, nel 1946, venne bandito un concorso di architettura Il primo premio fu  assegnato, nel 1950, al progetto del gruppo di Paolo Antonio Chessa. Nel 1951 questi consegnò il progetto esecutivo. Tale progetto non fu mai eseguito e, nel 1963 fu definitivamente accantonato, affidando l'incarico a Carlo Scarpa, architetto di fama internazionale. Scarpa portò avanti un progetto nell'arco di molti anni, elaborando diverse soluzioni e giungendo ad un progetto definitivo nel 1977, ma morì accidentalmente nel 1978. Nel 1981 fu bandito un altro concorso-appalto a due fasi. Il concorso si concluse nel 1984 e fu vinto dalla ditta Mario Valle s.p.a. di Arenzano, con il progetto degli architetti Aldo Rossi, Ignazio Gardella, Fabio Reinhart e Angelo Sibilla. Il progetto prevedeva, come imposto dal bando di gara: il mantenimento il pronao dorico ed il portico in pietra di promontorio, decorato con i bassorilievi originali; la trasformazione in piazza coperta della zona dietro al pronao (dove era posizionato il foyer del vecchio teatro).


Complesso di Piazza Rossetti
Fu indetto un concorso, vinto dall’architetto Luigi Carlo Daneri, con un progetto ispirato all’architettura razionalista. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale furono realizzati parte degli edifici residenziali.



Torre Piacentini
La Torre Piacentini è un grattacielo di Genova, disegnato dall'architetto Marcello Piacentini e dall'ingegner Angelo Invernizzi, edificio abitato più alto d'Italia fino al 1960. È stata costruita nel 1940 ed è alta 108 metri, 120 con le strutture che si sono succedute alla sua sommità, e 132 m s.l.m.
Ex facoltà del magistero
La storica sede dell’Istituto di Magistero di Genova, ubicata in Corso Montegrappa 39  è realizzata nel 1937 da Camillo Nardi e Lorenzo Castello.
Quartiere INA CASA di Forte Quezzi
Il Quartiere INA-Casa di Forte Quezzi fu realizzato nell'ambito del piano INA-Casa per le case popolari edificate con finanziamento pubblico. La progettazione urbanistica del complesso fu affidata ad un ampio gruppo di architetti e risale al 1956. La edificazione fu completata nel 1968. I coordinatori del gruppo furono Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli. Da un punto di vista architettonico il quartiere risulta oggi citato nelle storie dell'architettura contemporanea come uno degli esempi più significativi delle INA-Casa
Corte Lambruschini
È situato in pieno centro, a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Brignole e dalla grande piazza della Vittoria. Sorge sull'area di quello che un tempo era l'antico Borgo Pila. La vecchia Corte Lambruschini era collocata nel Borgo Pila, ed era sede da prima del 1873 (data in cui i Comuni della Foce e di San Fruttuoso vennero annessi a Genova) di un mercato libero dagli obblighi daziari, essendo esterno alla Porta Pila.
Stadio Luigi Ferraris
E’ un campo da calcio di Genova, situato nel quartiere di Marassi, con circa 40.000 posti a sedere. Inaugurato nel 1911 è uno dei primi e più antichi impianti tuttora in uso per il calcio ed altri sport. Situato sul sedime del preesistente (1895) campo di gioco della Società Ginnastica Andrea Doria, soprannominato La Cajenna, l'attuale stadio ospita fin dalla sua edificazione le partite interne del Genoa, società costruttrice e già proprietaria dello stadio. In epoca successiva passò di proprietà al Comune di Genova e, dal 1946, anno della sua fondazione, ospita anche la Sampdoria. Il terreno dell'attuale stadio Luigi Ferraris faceva parte del complesso della villa Musso Piantelli, tuttora esistente presso l'ingresso principale dei Distinti.



“Matitone”
Il Matitone (ufficialmente "San Benigno Torre Nord") è un grattacielo progettato da Skidmore, Owings and Merrill, Mario Lanata e Andrea Messina e terminato di costruire nel 1992, adibito a centro direzionale situato nel quartiere di Sampierdarena.



Progetti nel porto antico
Bigo
Il Bigo di Genova, progettato da Renzo Piano ispirandosi alle gru del Porto di Genova è una struttura originale che si staglia sull'acqua del Porto Antico. La struttura permette da un lato di sorreggere la tenso struttura della piazza delle feste (dove si svolgono varie manifestazioni e d'inverno viene preparata una pista di pattinaggio su ghiaccio), dall'altra regge un ascensore ruotante e panoramico che si solleva fino a 40 metri d'altezza permettendo di avere una visuale a 360 gradi sulla città.



Sfera
La bolla di Renzo Piano è una struttura a forma di sfera costruita in acciaio e vetro progettata dallo studio di Renzo Piano per il G8 di Genova nell'anno 2001.
La bolla è ubicata sul mare, direttamente a lato dell'Acquario di Genova ed ospita al suo interno un ambiente tropicale ricostruito, da cui ha preso il nome di "Biosfera".
Acquario
L'acquario di Genova è il più grande acquario italiano e il secondo in Europa.
Si trova a Ponte Spinola, nel cinquecentesco porto antico di Genova, in una struttura progettata dall'architetto italiano Renzo Piano.
È stato inaugurato nel 1992 in occasione delle Colombiadi, ovvero della Expo celebrativa del cinquecentesimo anniversario della scoperta dell'America; successivamente è stato a più riprese ampliato.
Galata - Museo del mare


Il Galata - Museo del Mare di Genova è il museo dedicato a questo genere più grande dell'area del mar Mediterraneo e anche uno dei più moderni d'Italia. Inaugurato nel 2004, in occasione di Genova capitale europea della cultura 2004, il museo sorge nel Palazzo Galata (da Galata, antica colonia oltremarina) all'interno del porto antico nel quartiere Darsena dove le galee della Repubblica marinara venivano costruite. La ristrutturazione dell'edificio è stata studiata dall'architetto spagnolo Guillermo Vázquez Consuegra.
Ex magazzini del cotone
E’ il recupero di una parte fra le più significative dell'intero complesso ed è ad opera di Renzo Piano nel 1992, la lunga stecca che un tempo ospitava i magazzini del cotone. E’ strutturato in senso trasversale da una doppia campata, ed è caratterizzato fisicamente da un ritmo costante, generato tanto dalla maglia planimetrica quanto dalla scansione delle aperture verso l'esterno, ritmate su una facciata omogenea, tipicamente intonacata e continua. L'edificio, che si presentava in uno stato di forte degrado, è stato completamente ristrutturato mantenendo sostanzialmente solo le cortine esterne e la struttura portante, composta da pilastri in ghisa.
Padiglione Fieristico
Funzionalità ed estetica, un binomio di straordinario equilibrio caratterizza il nuovo padiglione B della Fiera di Genova dell'architetto Jean Nouvel. Da un punto di vista funzionale, il nuovo padiglione rappresenta una chiave di volta per il quartiere fieristico che era stato interamente edificato a quota 5,50 m sul livello del mare. La nuova struttura, grazie a un'imponente operazione di sbancamento, è stata realizzata a quota 0,90 in continuità con il mare sul quale si affaccia.
Annapaola Caruso



Renzo Piano



Realizzato da Mary Lynn Oteri
PADIGLIONE ITINERANTE:
PORTO DI GENOVA:
Genova è da secoli città di marinai e commercianti. Nel corso dei secoli ha avuto sempre un ruolo predominante nella storia del mediterraneo. Il suo porto è ancora oggi il più importante d'Italia, uno fra i più grandi del Mediterraneo e d'Europa. Terra di esploratori e avventurieri, qui nacque e crebbe l'immensa passione di Marco Polo per i viaggi e il forte desiderio di Colombo di raggiungere le Americhe. Stretta tra la costa e i monti che la circondano la città si è sviluppata intorno al porto naturale che si affaccia sul golfo omonimo. Negli anni '90 è stato ristrutturato il Porto Antico su progetto di Renzo Piano, in occasione delle Colombiadi del 1992, per le celebrazioni del cinquecentenario della scoperta dell'America. Il Porto Antico è racchiuso tra il Molo Vecchio e la torre della Lanterna, antico faro simbolo della città; accanto ai simboli storici sono stati realizzati costruzioni e monumenti audaci e modernissimi come il Bigo e la Bolla di Renzo Piano, la struttura dell’Acquario, i Magazzini del Cotone e il Galata Museo del Mare, che da settembre 2009 ha acquisito anche il sottomarino “Nazario Sauro” come padiglione galleggiante del museo. Il Bigo si ispira alle gru del Porto di Genova usate per caricare le navi. La struttura permette da un lato di sorreggere la tensostruttura della piazza delle feste (in cui durante l'anno si svolgono varie manifestazioni e che d'inverno ospita una pista di pattinaggio su ghiaccio), dall'altra regge un ascensore ruotante e panoramico che si solleva fino a 40 metri d'altezza permettendo di avere una stupenda vista sulla città. Sullo sfondo del Bigo e della Piazza delle Feste si delinea il Quartiere Millo uno degli edifici restaurati e che attualmente ospita bar, ristoranti, librerie, negozi ed il Museo dell'Antartide. La Bolla, accanto al Bigo, è una struttura architettonica fatta a forma di sfera progettata dallo studio di Renzo Piano e realizzata in occasione del G8 di Genova del 2001. L'obiettivo era quello di realizzare una struttura che rappresentasse il mondo in occasione del vertice e che rimanesse successivamente in pianta stabile nel porto antico. La Bolla situata direttamente sul mare accanto all'Acquario, di cui ormai fa parte integrante, è stata realizzata con una struttura in acciaio tamponata con pannelli di vetro e costituisce una scenografica serra che oggi accoglie un ambiente tropicale ricostruito. La Bolla non ospita semplicemente un giardino botanico, ma un vero e proprio micro ambiente naturale sottoposto alle regole della natura, in cui vale la legge della sopravvivenza, per cui alcune specie sia vegetali che animali si sviluppano, altre scompaiono. Una Bolla di acciaio e vetro, che accoglie un piccolo paradiso tropicale, una foresta pluviale in provetta, a cui è stato dato il nome di Biosfera. Farfalle colorate accolgono il visitatore, il cacatua delle Molucche e le tangare svolazzano tra felci antichissime, fra le cui foglie riposa l'iguana verde. Dal laghetto emerge la mangrovia a cui si appoggia l'orchidea e inoltre è possibile vedere l’albero del pepe, l’acacia, la lantana e insetti di ogni genere. Se nella Bolla si riproduce un piccolo paradiso tropicale, l'Acquario ospita il maggior numero di varietà di ecosistemi acquatici in Europa, con le sue 71 vasche in cui sono stati ricreati habitat che vanno dai fondali del Mediterraneo alla Laguna del Madagascar, dalle scogliere coralline alle gelide acque antartiche, dalle foreste di mangrovie alla jungla dei colibrì e recentemente un'area di acqua dolce dedicata ai piranha e un'altra che accoglie i caimani, entrambe in uno scenario amazzonico.  All'ingresso dell'Acquario è stata riprodotta una banchina del Porto Antico genovese risalente al XV secolo, in cui nuotano tipiche specie degli ambienti costieri liguri. La struttura è sviluppata in lunghezza, disposta su quattro piani, due dei quali sono sotto il livello del mare; nel 1998 è stata ampliata con la "Grande Nave Blu”. All'interno spiccano quattro grandi vasche, quella delle foche, della barriera corallina, quella degli squali e dei delfini, che è a cielo aperto per consentirgli di salire in superficie, respirare e saltare a piacimento.
AEREOPORTO DI OSAKA:
Progettata dall’Architetto Renzo Piano, la costruzione dell’Aeroporto Internazionale di Kansai è stata un’enorme sfida. La costruzione giace su un’isola artificiale nella baia di Osaka ed è stato concepito per accogliere il traffico di una delle tratte aeree più affollate del Giappone servendo al contempo le tre principali città della regione del Kansai: Osaka, Kobe e Kyoto. L’aerostazione del Kansai ha dovuto funzionare come uno strumento straordinariamente preciso che aderisse contemporaneamente a più dettami: rispondere alle rigorose regolamentazioni locali dal punto di vista tecnico, per quanto riguarda il terremoto e le misure di sicurezza delle marea; accogliere operativamente100.000 viaggiatori al giorno, nella lunghezza di 1,7 chilometri (cioè, due terzi di lunghezza del Champs Elysu¦es, come punto del confronto), con 42 differenti cancelli di imbarco. Il terminale, il cui disegno è stato oggetto di un concorso internazionale, è stato costruito in circa 38 mesi da quasi 10.000 operai. La principale innovazione offerta dal progetto risiede nella forma. Da una vista a sezione trasversale, il tetto è un arco imperfetto e ondeggiante formato da una serie di archi di differente formato. La forma è emersa dagli studi aerodinamici sulle correnti d’aria che attraversano la costruzione. L’obiettivo era di fare svolgere alle correnti d’aria un ruolo importante nella concezione e nella materiale espressione dell’aerostazione. Infatti, le correnti di aria sono incanalate dal lato del passeggero al lato della pista senza incontrare alcun blocco nel condotto di aria. Le correnti d’aria sono regolate dai deflettori e sono guidate dalla forma del tetto. Le sculture mobili (generate dallo scultore Shingu) sono affisse al soffitto ed i loro incessanti movimenti testimoniano gli effetti delle correnti di aria. La struttura generale della costruzione somiglia ad un’onda. In un certo senso, le sue curve rappresentano un aliante che è venuto a posarsi sull’isola.Per la sua stessa forma, l’aeroporto di Kansai si adatta perfettamente all’ambiente circostante: l’acqua e le onde, l’aria e la brezza del mare, per non parlare della luce. La struttura è più fluida e leggera che in una costruzione sulla terra, benchè ancor più resistente: l’aerostazione è come una straordinaria nave spaziale.Nel 1987 è stata avviata la costruzione dell’isola artificiale su cui poggia l’aerostazione. Nel 1990, è stato completato un ponticello di tre-chilometri per collegare l’isola al continente alla Rinku-Città ad un costo di 1 miliardo di dollari statunitensi. Da allora, l’isola è affondata di 8 metri (molto di quanto previsto) ed il progetto si è trasformato nel più costoso progetto di impianti civili nella storia moderna, dopo 20 anni di progettazione, 3 anni di costruzione e parecchi miliardi di dollari d’investimento. La costruzione del terminal dell’aeroporto è cominciata nel 1991. Per compensare l’abbassamento dell’isola, sono state progettate delle colonne registrabili per sostenere la costruzione terminale. Queste, hanno potuto estendersi tramite l’inserimento di spesse piastre di metallo alla loro base. L’aeroporto di Kansai è stato aperto nel 1994 e già nel 2001 è stato annoverato tra le dieci strutture considerate dall’American Society of Civil Engineers “monumento di ingegneria civile del millennio“.Il tasso di abbassamento dell’isola nel mare è diminuito sensibilmente negli ultimi anni (appena 17 centimetri nel 2002). Nel 2003, ritenendo che il problema d’abbassamento fosse quasi superato, gli operatori dell’aeroporto hanno iniziato la costruzione di una seconda pista di 4,000m.


Sentirsi più come un rifugio isolato di un edificio per uffici, il Renzo Piano Building Workshop a Punta Nave irradia con tranquillità.  Arroccato su un ripido pendio sopra il mare, Punta Nave ospita la sede italiana di architetto di fama mondiale, Renzo Piano. Composto di un sistema di terrazze vetro gradualmente digradante verso il mare, l'edificio ricorda le forme delle serre tipiche della costa ligure. Qui, la luce naturale svolge un ruolo importante sullo spazio interiore dentro. Basato esclusivamente sulle immagini qui sotto, il Workshop a Punta Nave trasuda solo un ambiente sereno e tranquillo mi piacerebbe lavorare in! Assolutamente sereno. Costruito nel 1989 verso il bordo occidentale di Genova, il sito è stato volutamente isolato come un isola deserta. Invita calma, il silenzio, la concentrazione e la creatività. Non è, tuttavia, un eremo: persone di ogni nazionalità diverse lavorano lì, e la porta è sempre aperta ai colleghi. Punta Nave è in perfetta armonia con l'ambiente circostante. Il workshop è a poco a poco inclinato terrazze che si affacciano sul mare, sono costruiti in vetro e fatto per essere esatte repliche delle serre tradizionale è stato trovato sulla costa ligure. Situato tra la montagna e il Mar Mediterraneo, Punta Nave si erge come un omaggio che ha voluto dare al mare. Il workshop è una serra immensa superata dentro e fuori da tutti i tipi di piante e di verde, creando la sensazione di una comunione privilegiato con la natura.Nello stesso spirito, abbiamo cercato di sfruttare al massimo la luce zenitale che pervade ogni aspetto della vita qui e si è rapidamente diventato il nostro orologio naturale. Mentre Punta Nave è un rifugio deliberatamente lontano dal centro, si può comunque comunicare in tempo reale con il resto del mondo grazie alle nuove tecnologie. Non è quindi in realtà l'opposto della città, è quello che noi preferiamo chiamare un centro di ricerca post-urbana.
CENTRO CULTURALE TJIBAOU
Il Centre Culturel Tjibaou, dedicata a Jean-Marie Tjibaou morto nel 1989 mentre conduceva la lotta per l'autonomia del suo paese da parte del governo francese, è dedicato alle origini culturali e di ricerca di identità della gente nativa Kanak della Nuova Caledonia e Sud Pacifico . Nella lingua madre di Jean-Marie Tjibaou, lingua pije, è anche conosciuto come Ngan Jila - significato centro culturale. Il centro stesso è simile a quello dei villaggi in cui vivono le tribù Kanak, una serie di capanne (o caso in francese) che distinguono le diverse funzioni e le gerarchie delle tribù (les tribus) e una pista centrale, lungo il quale le capanne sono disperso. Più in particolare, il Centro Culturale è composto da tre 'villaggi' composto da 'Grandi Case' dieci di diverse dimensioni e funzioni (spazi espositivi, biblioteca multimediale, caffetteria, sale conferenze e aule). Il 'Grande Casa' sono legati da una lunga curva dolcemente corridoio coperto, che ricorda il viale cerimoniale del tradizionale villaggio Kanak. L'identità del Kanak non è solo rafforzata attraverso la forma dell'edificio, ma anche attraverso il suo rapporto con il paesaggio naturale. Situato su una penisola tra la tempesta Oceano Pacifico e una laguna calma il progetto di Renzo Piano si avvale dei venti prevalenti dal lato dell'oceano con il suo sistema di ventilazione naturale. doghe in legno orizzontale composto da legno iroko (un tipo di legno che è impermeabile a marcire e possono resistere a venti ciclone-forza) della facciata esterna sul lato dell'oceano filtro del vento in un secondo strato di pelle, una facciata interna di alette di vetro che aprire o chiudere a seconda della velocità del vento, permettendo al flusso del vento attraverso la costruzione di ventilazione passiva. Il doppio strato di pelle filtra anche l'aria calda verso l'alto funzionamento simile ad una canna fumaria. Il suono e la sensazione del vento è qualcosa che può solo essere sperimentato da essere lì e sembra trascendere qualsiasi tipo di punto di vista tecnologico o meccanismi. E 'la sensazione di essere dentro, ma fuori allo stesso tempo, di essere protetti ma ancora vicino alla natura. Il Centro è inoltre composto da vari spazi esterni che hanno ulteriormente esplorare la relazione tra la cultura Kanak a natura e del paesaggio, un Kanak percorso che si snoda attraverso la fitta vegetazione naturale, tradizionale terreno cerimoniale dei Kanak con capanne tradizionali, un auditorium all'aperto e residenze per gli artisti, docenti, studiosi e studenti. Questi spazi, così come l'edificio principale, si integrano e approfittare delle bellezze naturali del luogo.
 SAN GIOVANNI ROTONDO
La chiesa sorge sul monte di San Giovanni Rotondo ed è adiacente al preesistente santuario e convento in cui il frate visse ed in cui ne sono conservate le spoglie. La struttura ha una forma che ricorda quello del nautilus, e la sua pianta ricorda la spirale archimedea, il cui fulcro è posto al centro dell'aula liturgica, nel luogo dove è posto l'altare. Assieme alla struttura della chiesa vera e propria è stato costruito anche un grande sagrato (a cui la chiesa è collegata attraverso un'enorme vetrata) ed un viale di accesso. La novità principale apportata da questo progetto nel campo dell'architettura è l'utilizzo di un materiale come la pietra di Apricena (di cui è costituita tutta l'opera) anche come struttura resistente oltre che come semplice elemento decorativo. Il suo utilizzo in una zona ad alto rischio sismico, inoltre, ha reso necessari una serie di test e sperimentazioni che hanno coinvolto anche uno staff di geologi: il risultato è stato una struttura che, per mezzo di notevoli sperimentazioni tecnologiche, è ora in grado di resistere a forze anche 6 volte superiori a quelle provocate dai terremoti registrati in questa zona, nonostante l'utilizzo di un materiale molto poco duttile. Lo spazio esterno: Per accogliere i fedeli è stato costruito un enorme sagrato (intitolato a papa Giovanni Paolo II) triangolare pavimentato con pietra di Apricena (varietà "bocciardata") e in leggera pendenza, quasi ad invitare i fedeli ad avvicinarsi alla chiesa. La sua superficie è di 8000 m² ed è caratterizzato da uno spazio delimitato a sud dal particolare campanile orizzontale, dalla monumentale croce in pietra e da otto aquilotti anch'essi in pietra, ad ovest dalla vetrata della chiesa, a nord dal boschetto di 24 ulivi secolari e da 12 vasche trapezoidali (che portano l'acqua alla fonte battesimale ottagonale), e ad est aperto verso il vecchio santuario. La copertura: La prima cosa che giunge all'occhio attraversando il sagrato è la copertura della chiesa: realizzata con rame preossidato che regala alla struttura un colore verde-rame, è più basso nella parte in cui è posta la sagrestia (nel lato corto della struttura) per poi innalzarsi progressivamente fino a giungere nel punto più alto della vetrata di collegamento della chiesa con il sagrato.La copertura è sorretta da travi tangenziali e radiali in legno lamellare, a cui sono connessi due ordini di tavolati in legno listellare: alla parte superiore è innestata la copertura vera e propria in rame, nella parte inferiore (il soffitto della struttura) è stato applicato un intonaco dal colore tra il beige ed il color tabacco.A sua volta questa struttura è sostenuta dagli archi interni, a cui sono collegati attraverso delle staffe in acciaio. La chiesa superiore: La chiesa superiore è suddiviso in tre ambienti: la sala liturgica, la cappella dell'eucaristia e la sagrestia. Gli archi: Nello spazio interno ci sono i 22 archi che rappresentano la novità assoluta di quest'opera: essi, infatti, sono costituiti interamente in pietra di Apricena, varietà "bronzetto", al cui interno sono stati inseriti dei cavi che hanno determinato la precompressione che evita il cedimento della struttura. Il collegamento tra i diversi blocchi di pietra è stato effettuato tramite una speciale malta con all'interno fibre di acciaio che, in caso di evento sismico, assorbe l'eccesso di energia.Gli archi sono disposti secondo un andamento radiale, partendo dal centro della struttura, e sono disposti lungo due file: una interna, in cui tutti gli archi hanno in comune il pilastro centrale, ed una esterna. Essi sono sfasati di 10° e si riducono progressivamente in luce ed altezza dal lato comunicante con il sagrato verso la sagrestia.Presentano una graduale riduzione della sezione partendo dalle basi fino alla chiave dell'arco, donando così un senso di leggerezza alla struttura. Alla base, infatti, sono stati utilizzati conci di dimensioni 680x1100x2700 mm e in chiave di 498x530x291 mm.L'arco più ampio è quello di comunicazione con il sagrato, ed è il più ampio al mondo realizzato utilizzando la pietra come materiale portante: è largo quasi 50 metri ed è alto più di 15. Per evitare la naturale debolezza di un arco in presenza di forze perpendicolari al piano in cui giace, sono stati costruiti dei collegamenti tra i piedi dei diversi archi: per gli archi esterni è stata costruita una parete in calcestruzzo armato che collega i piedi più esterni, per quelli interni è stata costruita una membrana (anch'essa in calcestruzzo armato), visibile al di sopra del pilastro centrale. I blocchi di pietra di cui sono composti gli archi hanno dovuto passare una lunga serie di controlli prima di essere utilizzati: dopo essere stati estratti, infatti, i blocchi venivano inviati a Carrara dove, con le tecnologie avanzate che ha raggiunto in quei luoghi il settore marmifero, è stata possibile una lavorazione incontestabile: la tolleranza di errore nel taglio dei blocchi non ha mai superato i 3 millimetri. Nel caso delle superfici di contatto con altri blocchi, la tolleranza non superava i 0,5 millimetri. Per raggiungere un livello di sicurezza sempre maggiore, sono state effettuate prove in scala reale per verificare la reale resistenza del materiale: l'attuale legislazione, infatti, non prevede norme sull'utilizzo della pietra come materiale strutturale. Per la realizzazione degli archi il progettista ha in parte sfruttato studi già effettuati da Peter Rice sulle possibilità proprie della pietra. Aula liturgica: L'aula liturgica, divisa in tre navate, presenta una pavimentazione uguale a quella del sagrato, provocando così una continuità tra lo spazio interno della chiesa e l'esterno. Presenta una leggera pendenza verso l'altare centrale formando una struttura idealmente speculare a quella della copertura, ed al tempo stesso permettendo una disposizione dei banchi simile ai teatri greci. L'altare, tuttavia, è leggermente rialzato per mezzo di alcuni gradini. Particolare attenzione è stata posta anche nella disposizione delle aperture per l'illuminazione naturale: l'intera aula liturgica è in perenne penombra per favorire la concentrazione dei fedeli, mentre lame di luce scendono verso l'altare e la croce in bronzo sopra di essa (entrambi opera dell'artista Arnaldo Pomodoro), per mantenere l'attenzione sempre sul fulcro della cerimonia religiosa. La cappella dell'eucaristia: Immediatamente adiacente all'aula liturgica è la cappella dell'eucaristia. Al suo interno è posto il tabernacolo realizzato da Floriano Bodini, scolpito da un unico masso di 40 quintali di roccia lavica dell'Etna con formelle argentee trattanti il tema dell'eucaristia. La particolarità di questo tabernacolo è il modo con cui si apre: invece di due ante, è stato realizzato un sistema di apertura scorrevole, che sposta lateralmente due formelle laterali. Con la comparsa di questi due bracci laterali, la struttura assume una forma di croce, al cui centro è posta l'eucaristia.
 POTSDAMER PLATZ
Potsdamer Platz è il più sorprendente esempio di come, negli anni Novanta, il rinnovamento urbano abbia potuto trasformare Berlino nella “Nuova Berlino” di oggi. Di fatto, la piazza non è una vera e propria piazza, ma una zona costituita da tre aree, note come Daimler City, o Area Daimler Chrysler (1998), Sony Center (2000) e Besheim Centre (2004), che hanno letteralmente reinventato un terreno desolato dove fino al 1989 il Muro separava Berlino Est da Berlino Ovest. La sfida è stata quella di ricostruire il cuore della Berlino post-Guerra Fredda e in questo modo trasformare una landa sabbiosa nel centro vitale della capitale della nuova Germania unita. Data l’importanza del progetto, il risultato sarebbe diventato una sorta di “dichiarazione” dei principi fondamentali dell’urbanistica di fine 20° secolo. Molti sono stati gli aspetti oggetto di valutazione: l’equilibrio tra interessi pubblici e privati/commerciali, la pianificazione d’infrastrutture, trasporti e viabilità, la limitazione del traffico, i criteri ecologici, lo stile architettonico da adottare (edifici alti in stile Manhattan oppure bassi? Tradizionali o futuristici?). L’obiettivo condiviso è stato comunque quello di attirare qui l’autentica vita metropolitana - dopo che l’area era rimasta così a lungo abbandonata - offrendo spazi per abitazioni private, shopping, divertimento e affari, in modo che il quartiere potesse essere attivo e vitale in ogni momento. Il risultato visibile oggi è un buon compromesso tra tutte queste diverse esigenze, un misto di area urbana all’americana, nei pressi del Sony Centre, e di tradizionale piazzetta alberata all’europea, in Marlene Dietrich Platz. Potsdamer Platz è facilmente raggiungibile con la linea metropolitana U-Bahn e la ferroviaria S-Bahn, a pochi passi da Tiergarten. È una zona d’importanza primaria per gli affari, grazie alle ardite architetture e a un patrimonio immobiliare degno della capitale. Qui è stata trasferita, dal 2000, la sede dell’evento più glamour dell’anno: il Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Il tappeto rosso si stende ogni febbraio per accogliere cineasti e grandi star mondiali di fronte al Palazzo della Berlinale (Berlinale Palast), in Marlene Dietrich Platz.  La storia di Potsdamer Platz è caratterizzata da tre fasi distinte, in ciascuna delle quali la zona, più che una piazza, è sempre stata uno snodo centrale. Negli anni Venti del secolo scorso, qui fu installato il primo impianto d’illuminazione stradale d’Europa, dando luce a quello che allora era il cuore della più attiva e frenetica città europea, piena di traffico, negozi e divertimenti. Ridotta a un cumulo di macerie dopo la Seconda guerra mondiale e fino al 1989, la zona fu la terra di nessuno che divideva l’est dall’ovest. La terza fase cominciò nel 1989, con la caduta del Muro, quando un consorzio d’investitori internazionali e alcuni tra i più grandi architetti al mondo – Renzo Piano, Helmut Jahn, Richard Rogers, Arata Isozachi e Rafael Moreno – ne progettarono la “resurrezione”. La ricostruzione di Potsdamerplatz fu avviata negli anni Ottanta dall’allora senatore allo sviluppo urbano Volker Hassener con il sostegno finanziario dell’investitore Daimler-Benz, che permise di acquistare un lotto di terra lungo il canale Landwehr fino al perimetro del Muro, in un’epoca in cui questo sembrava un sito periferico e senza valore. All’improvviso, con la caduta del Muro, il lotto divenne un prezioso appezzamento nel cuore della nuova capitale. Nel 1991 il Senato di Berlino varò un concorso per la presentazione di progetti e idee per la realizzazione di Potsdamer e Leipziger Platz, che scatenò un appassionato dibattito e una gara serrata tra i principali studi di architettura del mondo. Vinsero il concorso Heinz Himmler e Christoph Sattler, di Monaco. Renzo Piano e Helmut Jahn firmarono invece i progetti esecutivi. Daimler-Benz (oggi Daimler) e SONY diedero il sostegno alle due diverse visioni. Quella di Piano/Daimler-Benz prevedeva strade più strette e, in generale, un più forte attaccamento allo stile europeo; quella di Jahn/Sony puntava invece sulla realizzazione di quell’area ultramoderna con copertura in vetro e acciaio che divenne poi il Sony Centre. Proprio quella copertura rappresentò la più complessa prova ingegneristica del progetto: un tetto sporgente sostenuto da cavi d’acciaio ancorati agli edifici adiacenti.  Il Panorama Punkt (punto panoramico) si raggiunge in ascensore e regala una vista a 93 metri d’altezza dalla Torre Kollhoff, in mattoni bruni. La facciata neo-barocca sulla Bellevuestrasse appartiene al restaurato Hotel Esplanade, sopravvissuto al Secondo conflitto mondiale. Nonostante il tentativo di integrarlo senza modifiche nel progetto complessivo, è stato necessario sollevare la sala imperiale (Kaisersaal) su un cuscino d’aria per trasferirla nella sua posizione attuale. Due pareti restano nella posizione originaria. All’estremità meridionale della piazza, la torre Debis, in pietra e vetro, realizzata da Renzo Piano, ospita la sede centrale del gruppo. Fu questo il primo edificio della zona a essere completato. È alta 106 metri ed è composta da 22 piani. La sua caratteristica principale è quella di essere realizzata “scorporando” i singoli elementi – la scala, il vano ascensore, gli uffici e così via.
AURORA PALACE SIDNEY
Ancora una volta l'architetto italiano parte da un'idea di fondo essenzialmente semplice per poi esaltarla con un'esecuzione magistralmente rivolta allo studio dei materiali e delle tecniche costruttive, fortemente concentrata in questo caso sul rapporto fra i due strati dell'involucro. Partendo dalle semiconiche rivoltate degli schizzi, che contenevano già l'idea del richiamo alla cupola dell'Opera, lontana, sulla baia, solo mezzo chilometro dall'Aurora Place, lo spazio disponibile è stato sfruttato al massimo, creando tutto l'edificio intorno ad un nucleo strutturale caratterizzato da una distribuzione cuneiforme e da due spigoli terminali aperti, su cui si affacciano i giardini d'inverno. Il lungo asse longitudinale della torre accresce l'effetto visivo della sua monumentale massa e la adegua a quella delle torri vicine, soprattutto a quella della torre Chifley, con la quale si crea un forte effetto di ingresso propileico alla città sul lato est. All'andamento cilindrico del lato ovest si contrappone la rastremazione sul lato opposto, con il prolungamento a sbalzo verso nord, il tutto estremamente evidenziato da una schermatura che da una parte si torce, dall'altra segue diagonalmente l'aggetto del filo della facciata, per poi distaccarsi dal retro, superare i fronti e innalzarsi su tutto il volume complessivo. In questo modo l'involucro vetrato, con una membrana regolabile costituita da montanti verticali e louvers orizzontali accentua l'aspetto di leggerezza dell'edificio. Tra la ricerca di un effetto astratto e l'uso del pannello come sistema Piano sceglie un sistema di elementi vitrei senza telaio a vista con un'opacità regolabile tramite piccoli cerchi di ceramica posizionati all'interno delle lastre, permettendo quindi un effetto di maggiore densità nelle estremità e una visione più nitida nelle parti centrali, ma anche effetti di opacità totale che simulino masse o nascondano solai o servizi.
L'effetto finale dell'edificio è permeato da un forte senso di razionalità che, anche grazie ad un ritmo di finestratura continuo e regolare, porta a definire ipotetici paragoni visivi, più che con l'opera d Utzon con altri giganti verticali che movimentano il panorama della capitale australiana, come il Grosvenor Place di Harry Seidler o l'albergo Ana di Mitchell, Giurgola & Thorp, risalenti entrambi alla fine degli anni ottanta. Rispetto al primo di questi edifici Piano realizza una maggiore apertura della base della torre, accentuandola con un recinto trasparente e creando con una pavimentazione sempre uguale una continuità visiva, oltre che funzionale tra il foyer ed il parterre esterno.  La reception degli uffici è separata dall'atrio, che funge da spazio urbano di uso pubblico, molto sobrio sia negli arredi che nel rivestimenti in terracotta delle pareti, in contrasto con il bianco continuo del soffitto. Il blocco residenziale è separato dalla torre tramite uno schermo vitreo che sottolinea la funzione di nucleo nodale dello spazio tra i due edifici, dominato da una scultura dell'artista giapponese Kan Yasuda. L'angustia delle dimensioni che caratterizzano la piazza è moderata dalla contrapposizione della superficie curva degli uffici e quella cilindrica del blocco di residenze. In una dimensione urbana sicuramente problematica e poco lineare Renzo Piano opera un intervento la cui forza non è da ricercarsi nel virtuosismo e nelle avanzate sperimentazioni tecnologiche, che ormai sono un aspetto quasi scontato delle sue opere, me nel definirsi di uno schema urbano ben determinato, ma al contempo flessibile e facilmente vivibile, e soprattutto in dialogo aperto con il resto della città.
NEW YORK TIME BULDING
Presto il venerabile New York Times avrà una nuova casa nel cuore di Manhattan, il suo primo nuovo edificio per uffici in quanto la sede attuale è stata completata nel 1913. La torre di vetro trasparente, 52 piani, si affaccia sul Times Square area oggetto di riqualificazione sulla Ottava Avenue, tra la quarantesima e Streets Quaranta-primi. All'inizio del 2003, un gruppo di visitatori dal New York Times Company e il suo design e ai fornitori di ingegneria ha reso visita al Berkeley Lab's Environmental Energy Technologies Division (EETD) per parlare di rendere gli edifici a basso consumo energetico, comodo, e luoghi produttivi al lavoro. Hanno trascorso una giornata di formazione sulla ricerca del laboratorio in-commerciale di efficienza energetica degli edifici, vetri, luce naturale, illuminazione, comfort termico e da EETD Stephen Selkowitz, Mary Ann Piette, Francesco Rubinstein, Eleonora Lee e altri. Come risultato di quella visita, il New York Times Company e Berkeley Lab EETD stanno iniziando un progetto cooperativo di ricerca per sperimentare nuove tecnologie per aumentare l'efficienza energetica del nuovo edificio e di migliorare l'ambiente interno per il comfort dei suoi occupanti. Come proprietario di un edificio principale, il Times trovato difficoltà a specificare con fiducia un rapporto costo-efficace, pienamente integrato vetro (finestra) e sistema di controllo dell'illuminazione. Berkeley Lab's Building Technologies personale è stata la ricerca di questi argomenti per diversi anni con il Dipartimento di Energia e California Energy sostegno della Commissione. Il nuovo edificio Times è l'occasione per estendere e applicare la ricerca prima di Berkeley Lab, mettendo a disposizione sistemi più efficienti e convenienti, non solo per la Società Times, ma ad altri proprietari e team di progettazione. La ricerca si concentra sulle tecnologie integrate per ridurre il consumo di energia elettrica di illuminazione mediante luce naturale, mentre controlla i riflessi e carichi di raffreddamento in questo edificio di grande vetrata. I ricercatori stanno testando l'hardware e soluzioni alternative di controllo in una nuova costruzione, 4.500 metri quadrati mockup di una porzione dell'edificio. Il programma di ricerca non solo di quantificare le prestazioni delle alternative, ma fornirà al New York Times Company, con informazioni sulle prestazioni critiche in modo che possa pubblicare una specifica degli appalti per le soluzioni tecnologiche per l'intero edificio. Il progetto è finanziato dal New York Times Company e il New York State Energy Research e Development Administration, con costi ripartiti dal Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti e la California Energy Commission. Quando il New York Times Company ha deciso di erigere un nuovo edificio, creando un ambiente di lavoro confortevole per i propri dipendenti è stata una delle sue massime priorità, insieme con l'efficienza energetica. L'edificio è stato progettato per avere trasparenza, sia per portare alla luce del giorno, e di servire come promemoria della missione del giornale: fornire informazioni "trasparenza" sulla vita civile della nazione e della città. Per contribuire a creare una connessione per la comunità, l'edificio avrà un auditorium al piano terra per gli eventi civili e culturali. La redazione occuperà due piani attraverso sette. vetro basso emissivo vagliate da tubi in ceramica riduce i carichi di raffreddamento dell'edificio. Una caratteristica insolita di un edificio, quello più comune in Europa che negli Stati Uniti, sarà la sua facciata completamente vetrata. Sottili tubi orizzontali in ceramica immessi in una struttura in acciaio e piedi e mezzo di fronte al vetro saranno proiettati i doppi vetri, spettralmente selettivi, a bassa emissività, parete di vetro a tutta altezza che circonda la costruzione, riducendo così i carichi di raffreddamento dell'edificio. (Vetro basso emissivo è un materiale a basso consumo energetico che aiuta a ridurre l'uso di riscaldamento e raffreddamento.) I tubi in ceramica offrono un bonus estetico, assumendo i colori cangianti del cielo durante il corso della giornata in quanto diffonde la luce attraverso di loro da diverse angolazioni . Sopra la parte superiore del palazzo, lo schermo di tubi diventa meno denso, e il suo aspetto pizzo-come si permettono una vista di fogliame tetto giardino. L'edificio unirà la maggior parte dei 2.500 dipendenti di Manhattan-based del Times Company, che attualmente ha uffici in sette località di New York City. "Questo edificio è stato progettato dalle fondamenta per rafforzare i valori del New York Times Company," ha dichiarato Michael Golden, vice presidente del Times Company, quando il piano è stato annunciato alla fine del 2002. "Il piano aperto e la facilità di comunicazione, sia verticalmente che orizzontalmente, rafforzerà la collaborazione. Il nostro nuovo ambiente fisico migliorerà il nostro modo di lavorare, che è la più alta vocazione di architettura."
ACCADEMIA DELLE SCIENZE CALIFORNIA
Uno dei progetti più interessanti, sostenibilmente parlando, sorgerà in California (precisamente a San Francisco) ad opera dell’architetto Renzo Piano. Una splendida ed enorme copertura ondulata, all’apparenza semplice, regalerà all’edificio un importante valore ambientale nonché estetico. Cuore del progetto sarà proprio il particolare tetto: su di esso saranno applicate più di 60.000 cellule fotovoltaiche per la generazione di energia pulita. Non solo. La vegetazione autoctona ricoprirà il tutto creando un tappeto erboso ideale per i insetti ed uccelli del luogo. Caratteristiche importanti alle quali si aggiungono anche altri aspetti fondamentali nella progettazione sostenibile: l’isolamento termico, il recupero delle acque pluviali, l’illuminazione e il riscaldamento passivi, il miglioramento della qualità dell’aria unitamente ad un’ esigua manutenzione. L’Accademia delle Scienze è un perfetto esempio di architettura bioclimatica. Ma le caratteristiche di sostenibilità di certo non finiscono qui. Il nuovo progetto realizzato da Renzo Piano, prenderà il posto dell’edificio preesistente. In fase di demolizione sono stati diversi i materiali, del vecchio edificio, ad essere riciclati e riutilizzati nel nuovo. Questa operazione ha notevolmente ridotto la quantità di materiale dismesso destinato alle discariche (uno dei problemi principali dei prodotti durante il loro ciclo di vita).  Inoltre è interessante il sistema di filtraggio dell’acqua destinato al progetto. Verrà infatti utilizzata acqua di mare, filtrata con un sistema naturale, e impiegata nell’edificio.Un progetto che ha trovato terreno fertile in California, già teatro di importanti architetture sostenibili e che vede un Renzo Piano già esperto in ambito di coperture verdi, come nel progetto de Il Vulcano Buono.
PUNTA NAVEHa toccato Milano, a settembre, la mostra itinerante, organizzata dalla IBM, sulla tecnologia informatica del futuro: una larga tematica che va dalla medicina, alla grafica, all'inquinamento, alla didattica, tra piastrine al silicio e sofisticatissime macchine, insomma i temi e i problemi del nostro presente e del nostro futuro elettronico. E visto che, come dice Umberto Eco, "la quantità di futuro contenuto nel nostro presente aumenta dappertutto" anche l'involucro architettonico di una tale mostra è, in un certo senso, ad "alta quantità di futuro", in quanto riflette, nelle sue scelte costruttive e di materiali, l'ideologia della moderna industria elettronica: un'ideologia "soft", pulita, il cui contenuto rivoluzionario si esprime non attraverso l'impatto drammatico con l'ambiente delle prime rivoluzioni industriali, i cui risultati in termini di distruzione e di inquinamento ancora scontiamo, ma attraverso una completa integrazione con la natura. Dunque, in questo caso, un'architettura ad alto contenuto tecnologico, ma "soffice", che si configuri come una serra, un involucro trasparente, un qualcosa non contrapposto, ma "dentro" alla natura e viceversa.La struttura e i materiali: La struttura del padiglione è costituita da archi a più cerniere autostabili, costituiti da piramidi in policarbonato, irrigidite da un sistema di aste in legno lamellare. Dei nodi, molto particolari, in alluminio, connettono aste e piramidi di policarbonato. L'arco, ripetuto 34 volte, definisce uno spazio coperto di 48 x 12 metri. II piano di appoggio è costituito da un sistema di travi reticolari, in acciaio, sostenute da supporti regolabili (per adattarsi ad eventuali non-planarità del terreno), cui sono fissate lamiere-solaio metalliche e la pavimentazione. Lo spazio al di sotto della quota pavimento, tra le travi reticolari, è utilizzato per l'alloggiamento degli impianti tecnici (distribuzione elettrica, dati, condizionamento ecc.). Il legno, materiale naturale per eccellenza, e il policarbonato, con la sua trasparenza sono i materiali più adatti a rendere quell'immagine "soft" che si voleva dare al padiglione; a ciò si aggiungano le elevate prestazioni fisiche degli stessi, richieste dall'utilizzo in una struttura così particolare. Tra l'altro leggendo questa struttura nell'ambito dell'"iter" progettuale di Renzo Piano, vediamo che essa rappresenta un logico sviluppo di concezioni statico architettoniche cui l'architetto già precedentemente si era accostato, e che aveva già sperimentato con realizzazioni e prototipi. Cupole, nodi, aste: La struttura è concepita da tre pezzi elementari, piramide, nodo, asta, producibili industrialmente, rigorosamente modulari, con tolleranze limitate, assemblabili facilmente a secco, grazie alla limitata dimensione unitaria e alla leggerezza. Le piramidi sono costituite da policarbonato, un materiale, che ha, come accennato, resistenza meccanica superiore ad altri materiali plastici consimili (ad esempio le lastre acriliche) conservando delle ottime caratteristiche di trasparenza. Può inoltre essere lavorato per termoformatura, quindi con costi di investimento in stampi relativamente limitati, o comunque enormemente inferiori a quelli per iniezione. Le lastre dello spessore di mm 6 sono state formate su stampi in legno, stampando tre piramidi alla volta dalla stessa lastra, con evidenti risparmi di costo: lo stampo è fatto in maniera tale da garantire una sezione il più possibile omogenea (nel punto di massimo stiramento lo spessore è di 5 mm). Una sagomatura laterale permette la sovrapposizione tra lastra e lastra e mediante l'interposizione di guarnizioni in gomma, la conseguente tenuta. Per il nodo erano state messe a punto diverse ipotesi, scartate poi in fase di verifica, per arrivare alla configurazione finale che prevede una sorta di "pettine", che permette di realizzare più facilmente la connessione con il lamellare, connessione che è ottenuta con l'uso di collanti epossidici. Va notato, a questo punto, che la volta non ha connessioni, per così dire tradizionali, quali rivettature, imbullonature etc., ma incollaggio realizzato in fabbrica (tra le varie lamine in legno e tra legno e alluminio, tra acciaio e policarbonato) o serraggio dei nodi realizzato in opera. Operazioni più consuete vengono effettuate solo per le opere di guarnizione e per quelle complementari. La tipica forma allargata al centro delle aste in legno è dovuta a considerazioni di tipo strutturale, in quanto si è dimostrata la più idonea ad assorbire gli sforzi, secondo le indicazioni del computer. Aspetti termoigrometrici: II padiglione totalmente trasparente, presenta degli aspetti problematici per quello che riguarda il controllo termoigrometrico dell'ambiente interno. Con una prima idea, poi abbandonata per la sua complessità esecutiva, si attenuava l'effetto della trasparenza delle piramidi, creando una sorta di nuvole artificiali, immettendo con comando a fotocellula del gas opaco, in una apposita intercapedine, creata nelle piramidi. Più semplicemente, invece, si sono adottate delle "contropiramidi" in materiale isolante, da collocare all'interno delle cupole in metacrilato, con funzione appunto, di isolamento termico e di schermatura (integrata, per questa funzione, da piccole tendine). È stato poi approntato un programma al calcolatore, che studia, con diagrammi tridimensionali, la luminosità dell'interno, a seconda delle varie condizioni ambientali in cui il padiglione è montato. Per quello che riguarda invece il problema della condensa, una tubazione longitudinale, installata sul culmine dell'arcata distribuisce aria calda sull'intradosso delle piramidi, mediante derivazioni trasversali. Per il resto, un'apparecchiatura di condizionamento con distribuzione dal sottopavimento, controlla l'aria ambientale.

Mary Lynn Oteri